-Pronto? Parlo con il signor Qualunquismo?
Siamo della ditta “Tali e quali”.
La contattiamo per dirle che non siamo morti
… l’accontenteremo presto.
Per la serie “Li chiamiamo dall’America…”
Dentro c’è la brutta copia di Joan Baez/Enia.
che prima del live ha ingerito un’ impepata di cozze avariate.
E’ certo! Perchè continua a cantare la stessa canzone,
nella stessa lingua, con lo stesso ignobile giro d’accordi
in un lamento looppato che addolora anche i cani rimasti in casa.
Se desideri un metodo sicuro per frantumarti le palle,
be sei nel posto giusto.
Ti verranno spaccate come due uova al tegamino.
Unica attenuante è che in questo periodo di crisi te le puoi mangiare.
…Però li chiamano dall’America!
Termometro rotto senza emozioni
Frullatore di parole in rotazione
C’è poi chi nel frullatore è caduto
e vivo ne è uscito
Ci pensi quando incontri un ribaltato
-Cerchi Optical?
-No cerco Mario
-Vuoi un bicchiere d’acqua?
-No lo voglio di vetro e dentro ci metto quello che pare a me!
– Ma guarda un pò!
– Verso dove?
Non accetto la tristezza che spesso e senza motivo mi nasce dentro
– Lavoraci su! Potrebbe essere l’unico contratto a tempo indeterminato.
il solo a vincere il precariato.
Di una dimensione d’amore siamo solo tramiti
e tra Miti non si litiga
I trasporti emotivi vanno protetti: sono trasporti eccezionali.
Quanta bella carta attorno alla testa
fossi almeno un’opera di carta pesta!
Cercasi grande fonte per ripulirsi da grande merda
– Mi ritorna la vena malinconica e fanculo quella ironica
Valentina Gaglione
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Forse servirebbe ascoltare
o scegliere d’osservar formiche
nell’ingorgo di buche tra sassi.
Nessuno è innocente
e urge rinascere,
Immobilizzarsi
al racconto di storie rugose.
Servirebbe fermare il piede,
ad orecchio vedere i toni,
ad occhio intendere le movenze.
Spingersi nelle espressioni,
girovagando tra calli di vite altrui.
Fagocitare
il descrivere schietto delle cose,
l’intima voce dei visi.
Forse servirebbe.
Valentina Gaglione
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Perchè si dice “Come passa il tempo…”
e non “Da dove passa il tempo?”
Basta con il pozzo dei desideri!
ne voglio uno dei desiVERI!
A terra riviste.
Un sacchetto di carta
con due fori per gli occhi
e uno per laboccastorta
Bocca storta – Gnè!
– Gnè! Gnè! Gnè!
E non
N’chè, N’chè, N’chè. Capito?
– E io che ne so? Sei te che hai detto n’chè!
– Vabbè sorvoliamo.
Tra un elicottero arancione che va a flautolenze
e un risciò elettronico che va a chewingum,
cosa sceglieresti per raggiungere Roma?
– Sai che non lo so… Mi confondi
– E no! Sei proprio tu! Non ho dubbi.
– No dico, mi confondi nel senso che non saprei scegliere.
Ero orientato su qualcosa di più sobrio…
– Del tipo?
– Non so… un sottomarino?
– Ce l’ho ma senza Marino
– Vabbè che sarà mai! Vada per il sotto… Però…però
Però lo voglio truccato!
Ecco! Raggiungerò Roma a bordo di un sotto truccato. Truccatissimo!
– Complimenti hai fatto un affare!
Nessuno ha capito un diavolo di niente…
Ma hai salvato un Marino.
Valentina Gaglione
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Ti lascio il racconto di mio nonno
che beve acqua tonica
davanti ad un bar di pietra lavica
Ti lascio, ti lascio, ti lascio statica
E una canzone pomeridiana
di quelle senza siesta
cantata da un ragazzo fuori posto
e dal calzino basso
Ti lascio, ti lascio, ti lascio all’osso
E l’evidenza dei complessi
l’estirpazione dalle origini
la noia sulla riva del successo
il fiore smunto che ti vivrà accanto
Ti lascio, ti lascio, ti lascio senza incanto
E l’unghia spezzata della velina
la tv satellitare e mille sogni impolverati
in cantina
si in cantina
Ti lascio, ti lascio, ti lascio in cantina
si in cantina
Ti lascio, ti lascio, ti lascio in cantina
Valentina Gaglione
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morti i milioni di pensieri sulla luna già scolpiti
della luna non si scrive
ma si vive.
Siamo licantropi
Siamo lunatici
stesi dalla vicinanza della luna
ma viviamo la dimenticanza dei palazzi
nell’oscura botte dei supplizi.
La bellezza è nel pensiero
di riscoprire forze in cielo,
la luna e i suoi effetti
su me
su te
sulla bocca che non smette di parlare
sui capelli irsuti come creste d’onda in alto mare
Della luna non si scrive
ma si vive.
Valentina Gaglione
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Quadrati.
Spezzoni
e inquadrature stette.
Sullo sfondo accade di tutto,
in primo piano
indifferenza.
Gelati fiocchi
fanno storia
E’la mia storia.
Esco dalla cella.
Oggi.
Ma la gente non lo sa
e ci vuole coraggio.
Cerco un cesso.
Non c’è mai quando lo cerchi,
Uno diverso,
da quello in cui ho vissuto.
Uno in cui possa pisciare
senza chiedere,
o essere ossessivamente
osservato,
sgridato,
umiliato,
offeso.
Uno in cui possa svuotare
la vescica
in santissima pace.
No.
Non piscio per la strada
potrei,
ma no.
Sono uno che ha sbagliato,
ma non piscio per strada.
Scelgo un albero,
lontano
In periferia.
Distante da stupidi occhi.
Poi ti rapisco
obbligo la tua faccia
a fare la carina,
E lo sei,
lo sei troppo
e quando lo scopro
ritorno piccolo.
Piccolo.
Piccolo.
Fino a non ricordare,
fino a non patire male.
Valentina Gaglione
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Arranca il giorno
su sbadigli in dormiveglia
impastati di fumo, notte e diluente
Con pennellate febbrili
riverse come turbine d’imprecazione,
fila la vita attorno alla tela
Si perdono gli arti nell’affondo teso del corpo
senza giudizio
che s’offre (soffre!) in ogni direzione.
Segni neri strisciano
su parole marce
implose nella stanza.
Potresti spegnere la musica adesso
e non riconoscerei il silenzio
Valentina Gaglione
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